La Bellezza è nel cervello di chi guarda Semir Zeki


La Bellezza e lo sguardo

“La bellezza delle cose esiste nella mente di chi le osserva”. Lo diceva nel ‘700 il filosofo David Hume, senza sapere nulla di neuroscienze.

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Usiamo una sola parola, “bellezza”, e la associamo a cose diversissime: un’opera d’arte, il viso di una persona, un brano musicale. Che cosa unisce tutte queste cose differenti?
È importante fare una distinzione fra la bellezza biologica – quella propria dei corpi umani e non, ma anche un panorama o qualsiasi altra cosa naturale – e la bellezza dei manufatti, come un’opera d’arte o anche un edificio. La prima ha basi universali condivise: il viso di una persona considerata bella in Giappone risulta bello anche in Italia o in Inghilterra. Invece il secondo tipo di bellezza subisce influssi culturali molto forti: per esempio una chiesa in Italia potrebbe essere considerata più bella, da un italiano o da un europeo, di un tempio in Giappone. L’uso di una sola parola per tutto è un relitto del passato, quando ancora la bellezza non era stata studiata a sufficienza. Pensiamo ai greci antichi che avevano un’unica parola, kalòn, per la bellezza morale e per quella fisica: anche quello non funziona.

Semir Zeki

«Questo significa che nel nostro cervello esiste un concetto astratto di bellezza: ciò che riteniamo bello e quindi ci suscita un’emozione forte, a prescindere dalla sua natura, attiva sempre la stessa area cerebrale – spiega Zeki, che ha fondato e dirige l’Istituto di Neuroestetica di Londra per interrogarsi sulle basi biologiche della bellezza, dell’amore, della creatività e viene considerato ormai una sorta di “filosofo con il camice” –. Da secoli filosofi e artisti si chiedono se esistano caratteristiche che rendono un’opera oggettivamente, inderogabilmente bella: ora sappiamo che la bellezza è indiscutibilmente negli occhi, anzi nella mente, di chi guarda».

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Semir Zeki, neurobiologo dell’University College di Londra

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Stirpe di terra


MUCHA – CHINI Firenze – Museo degli Innocenti


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MUCHA

Alphonse Mucha. La Seduzione dell’art Nouveau

Il Museo degli Innocenti presenta la mostra dedicata ad Alphonse Mucha, l’artista ceco fondatore dell’Art Nouveau. La mostra, intitolata Alphonse Mucha. La Seduzione Dell’art Nouveauaperta fino al 7 aprile e curata da Tomoko Sato con Francesca Villanti, offre oltre 170 opere, da manifesti a dipinti, esplorando la carriera di Mucha in modo tematico.

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Tra le sezioni principali, “Donne, Icone e Muse” si focalizza sull’influenza di Sarah Bernhardt, mentre la “Cultura Bretone” mostra l’interesse di Mucha per la cultura celtica. La sezione dei “Manifesti Pubblicitari” rivela l’innovazione di Mucha nel connubio tra arte e pubblicità.

L’”Epopea Slava” rappresenta un ritorno alla patria nel 1910 e un impegno verso la storia slava. La sezione conclusiva esplora “Lo Stile Mucha” e il suo impatto sull’Art Nouveau in Italia. L’esposizione, patrocinata dal Comune di Firenze e dall’Ambasciata della Repubblica Ceca, integra un progetto di solidarietà in collaborazione con Komen Italia, utilizzando parte dei proventi per progetti di tutela della salute delle donne.

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Tra fine ottocento e inizio novecento Parigi era considerata il centro del mondo dell’arte. È la cosiddetta Belle Époque, c’è un grande entusiasmo, e Alphonse Mucha, anche grazie all’incontro con Sara Bernhardt, diventa il più famoso e conteso artista dell’epoca. Le sue opere, le sue illustrazioni, i poster teatrali e la nascente pubblicità sono accessibili a tutti. Nasce con lui una nuova forma di comunicazione: la bellezza di fanciulle in fiore, ritratte in una commistione unica tra sacro e profano, voluttuose e seducenti figure, rappresentate con uno stile compositivo unico, sono diventate caratteristiche del famoso “stile Mucha”.
Le sue immagini diventano subito famose in tutto il mondo, il suo stile è il più imitato, la potente bellezza delle sue donne entra nell’immaginario collettivo di tutti.

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Museo degli Innocenti


“Anish Kapoor. Untrue Unreal” Firenze 2024


“Anish Kapoor. Untrue Unreal”

Entrata Palazzo Strozzi – Firenze 2024

La grande mostra di Kapoor a Palazzo Strozzi
Il percorso espositivo di Anish Kapoor. Untrue Unreal, aperto fino al 4 febbraio 2024, condurrà i visitatori attraverso opere storiche e recenti produzioni, invitando a entrare in contatto diretto con un’arte discordante ed effimera. Le opere di Anish Kapoor, che ha da poco inaugurato a Napoli una avveniristica stazione della metro, uniscono infatti spazi vuoti e pieni, superfici assorbenti e riflettenti tramite materiali disparati (come pigmento, pietra, acciaio, cera e silicone) che vengono manipolati, scolpiti, levigati, saturati e trattati mettendo in discussione il confine tra plasticità e immaterialità.

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Conferenza

Che ruolo ha, oggi, il pubblico nel mondo dell’arte?

Riflettendo sulla domanda posta in partenza, la personale Untrue Unreal di #AnishKapoor, allestita nelle sale di Palazzo Strozzi Firenze e curata da Arturo Galansino, è una mostra che sembra riuscita a metà e può essere riassunta attraverso tre elementi chiave: stuporeplasticità e il nero più nero di tutti. Il percorso della mostra si articola in otto sale e propone opere storiche e di recente produzione che dialogano con l’architettura del palazzo e con il pubblico.

Nonostante Anish Kapoor abbia dichiarato in passato, e continui a farlo, di non avere “niente da dire” con la sua arte, è proprio questa dichiarazione che apre le porte ad una pura libertà di interpretazione. Ciò che egli pone dinanzi ai nostri occhi sono opere liquide, che si adattano al contenitore che le accoglie e alla visione di ogni singolo osservatore, il quale diventa l’innesco che attiva l’opera che, per come è pensata, esiste in un tempo e in uno spazio in cui esiste il pubblico. Di fronte all’incontro tra l’irreale e l’inverosimile, non tutte le opere riescono a mettere veramente in discussione i sensi del visitatore; tuttavia è proprio la scelta di soffermare l’attenzione nei confronti della materia delle opere, vera e propria unione di spirito e carne, e di utilizzare immagini archetipiche e preculturali, slegate da qualsiasi preconcetto, a rendere la mostra nel complesso coinvolgente ed interattiva, anche per gli spettatori più scettici e distanti dal mondo dell’arte.

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Gallerie dell’Accademia di Venezia


Gallerie dell’Accademia di Venezia

Da Palazzo Franchetti, Ponte dell’Accademia

Scrivo il post, da visitatrice, fruitrice di Musei, Esposizioni, Mostre da oltre 35 anni e con cadenza regolare; opinione dunque personale quanto segue…

Visitato per poter ammirare “La Tempesta” di Giorgione. Il Sistema Museale veneziano ha nel suo patrimonio certamente opere inestimabili, qua ritrovabili. (Solo per questo vale 4 stelle, 5 l’Architettura del Palladio)

La Galleria per come è sviluppata non mi ha entusiasmato particolarmente per fruibilità e scelte espositive. Agèe
Ho trovato con più “carattere” il ponte dell’Accademia che l’edificio in sé e il contesto esterno (per come è fruito/trattato/valorizzato/vivo). All’interno  il bookshop è nutrito ed è subito all’entrata. (L’idea di fare cassa facile, si percepisce nettamente, come per il Correr e tutta San Marco).
Il percorso si sviluppa al piano superiore, con le varie sale tematiche, per poi tornare con l’ultima sala con i capolavori di Tintoretto e Veronese(piano terra). Diverse opere e sale erano in allestimento e fuori per mostre.
Tralascio volutamente di elencare la grandezza degli autori e delle opere esposte che si presentano da sole e con l’audio guida, mi soffermo sullo spazio e il percorso espositivo. (Sito consultabile, degno di nota)

Illuminazione non idonea, arredi, colori e pannelli vetusti. Coinvolgimento del visitatore all’interno di un percorso sensoriale con l’ultilizzo della tecnologia, assente. Sicuramente ha bisogno di una riconcezione più smart degli allestimenti e dei percorsi. (Interattività, realtà aumentata, suoni, visita virtuale o in 3d, gaming, tablet/meta dati per le opere scelte più importanti, audio_guida con IA…)

Degna di nota la collezione di opere del Casanova e le opere del Vedutismo e Paesaggismo (Il Sito offre la possibilità di vedere la Gallery delle sale espositive)

Giugno 2023

#Venezia #Gallerie #Arte #Architettura

Che cosa è un Museo oggi?

Innovazione nei Musei, quando la tecnologia rinnova l’Arte

Il nuovo Museo è inclusivo e sostenibile

Articolo di Finestre sull’Arte

museo?
Musei, non basta parlare di valorizzazione. Che cosa dovrebbe essere un museo?


Biennale di Venezia 2022_ Arsenale e Giardini


Biennale di Venezia 2022

IL LATTE DEI SOGNI

#biennale #Arte #mostre #venezia

Conferenza di presentazione

Biennale di Venezia, Il Latte dei Sogni

CECILIA ALEMANI

«La Mostra Il latte dei sogni prende il titolo da un libro di favole di Leonora Carrington (1917-2011) – spiega Cecilia Alemani – in cui l’artista surrealista descrive un mondo magico nel quale la vita viene costantemente reinventata attraverso il prisma dell’immaginazione e nel quale è concesso cambiare, trasformarsi, diventare altri da sé. L’esposizione Il latte dei sogni sceglie le creature fantastiche di Carrington, insieme a molte altre figure della trasformazione, come compagne di un viaggio immaginario attraverso le metamorfosi dei corpi e delle definizioni dell’umano.
La Mostra nasce dalle numerose conversazioni intercorse con molte artiste e artisti in questi ultimi mesi. Da questi dialoghi sono emerse con insistenza molte domande che evocano non solo questo preciso momento storico in cui la sopravvivenza stessa dell’umanità è minacciata, ma riassumono anche molte altre questioni che hanno dominato le scienze, le arti e i miti del nostro tempo. Come sta cambiando la definizione di umano? Quali sono le differenze che separano il vegetale, l’animale, l’umano e il non-umano? Quali sono le nostre responsabilità nei confronti dei nostri simili, delle altre forme di vita e del pianeta che abitiamo? E come sarebbe la vita senza di noi?
Questi sono alcuni degli interrogativi che fanno da guida a questa edizione della Biennale Arte, la cui ricerca si concentra in particolare attorno a tre aree tematichela rappresentazione dei corpi e le loro metamorfosila relazione tra gli individui e le tecnologiei legami che si intrecciano tra i corpi e la Terra


ARTE FIERA 2020 – BOLOGNA


ARTE FIERA 2020 – BOLOGNA

Continuando il suo percorso di rinnovamento, Arte Fiera 2020 introduce alcune importanti novità.

Alla Main Section si affiancheranno tre sezioni su invito, con nuovi curatori; tornerà Fotografia e immagini in movimento, affidata a Fantom.

Debutteranno Focus, dedicata all’arte della prima metà del XX secolo, e Pittura XXI, una sezione interamente dedicata alla pittura del nuovo millennio.

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Kyle Thompson

Arte Fiera 2020. Stand 18 e 15 per Arte Fiera 2020, finalmente spazi nuovi che offrono una fruizione meno ostile e più circolare, ai vari stand dei galleristi. Interessante lo stand dei Dialoghi sull’Arte, povera la nuova sezione sulla fotografia. Sempre scadente l’offerta ristoro (non contando la zona vip lounge). A mio avviso, il format necessita di una nuova/leggera visione d’insieme ed uno sguardo sul contemporaneo meno patinato e di cliché. Tradotto: molto di già visto, spacciato per nuovo e personaggi annoiati che si travestono da. Poca originalità, obsolescenza e respiro internazionale non pervenuto.Poi come sempre alcuni nomi salvano la visita.

Il futuro delle Gallerie d’Arte



GALLERIA FARINI

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Venere – GiusyCalia&MarziaLioci

LAMBERTO MAFFEI, PERCEZIONE, ARTE, TEMPO


#LAMBERTOMAFFEI, #PERCEZIONE, #ARTE, #TEMPO

Fondazione Golinelli

La conferenza ripercorre l’esplorazione del fenomeno artistico effettuata dalle neuroscienze negli ultimi decenni. L’opera d’arte attiva nei fruitori complessi effetti di organizzazione e riorganizzazione della memoria su cui agiscono in modo potente le emozioni. Lamberto Maffei (direttore Istituto di Neuroscienze CNR e Professore di Neurobiologia Scuola Normale Superiore di Pisa) si interroga su come un opera d’arte possa generare le interpretazioni più diverse a livello di corteccia cerebrale, analizzate tramite il suo corredo genico unico e la sua esperienza individuale. Maffei restituisce così una interpretazione più articolata dell’affascinante avventura dell’arte.

Lamberto Maffei, Opificio Golinelli

I’m Nobody! Who are you?

Are you – Nobody – too?

Emily Dickinson 1891 poems2, citata da Maffei

Tempo, Jorge Luis Borges

#PERCEZIONE

#ARTE

ELOGIO DELLA LENTEZZA

MARINO GOLINELLI