Usiamo una sola parola, “bellezza”, e la associamo a cose diversissime: un’opera d’arte, il viso di una persona, un brano musicale. Che cosa unisce tutte queste cose differenti? È importante fare una distinzione fra la bellezza biologica – quella propria dei corpi umani e non, ma anche un panorama o qualsiasi altra cosa naturale – e la bellezza dei manufatti, come un’opera d’arte o anche un edificio. La prima ha basi universali condivise: il viso di una persona considerata bella in Giappone risulta bello anche in Italia o in Inghilterra. Invece il secondo tipo di bellezza subisce influssi culturali molto forti: per esempio una chiesa in Italia potrebbe essere considerata più bella, da un italiano o da un europeo, di un tempio in Giappone. L’uso di una sola parola per tutto è un relitto del passato, quando ancora la bellezza non era stata studiata a sufficienza. Pensiamo ai greci antichi che avevano un’unica parola, kalòn, per la bellezza morale e per quella fisica: anche quello non funziona.
«Questo significa che nel nostro cervello esiste un concetto astratto di bellezza: ciò che riteniamo bello e quindi ci suscita un’emozione forte, a prescindere dalla sua natura, attiva sempre la stessa area cerebrale – spiega Zeki, che ha fondato e dirige l’Istituto di Neuroestetica di Londra per interrogarsi sulle basi biologiche della bellezza, dell’amore, della creatività e viene considerato ormai una sorta di “filosofo con il camice” –. Da secoli filosofi e artisti si chiedono se esistano caratteristiche che rendono un’opera oggettivamente, inderogabilmente bella: ora sappiamo che la bellezza è indiscutibilmente negli occhi, anzi nella mente, di chi guarda».
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Dialogo a partire da “Cose spiegate bene. Voltiamo decisamente pagina”
Locandina di Pandora Rivista
Incontro con Giacomo Bottos, Agnese Pini e Luca Sofri
Dialoghi a partire da Cose spiegate bene. Voltiamo decisamente pagina, il settimo numero della rivista di carta de Il Post realizzata in collaborazione con Iperborea. Interverranno:
Evento a ingresso libero fino ad esaurimento posti, con possibilità di prenotazione da questa pagina
«Molte cose stanno cambiando nel giornalismo, nei giornali, e anche nei lettori: è un periodo intenso e critico per l’informazione italiana e mondiale, presa in mezzo tra un ruolo che non è mai stato così prezioso per il funzionamento e la crescita delle democrazie e un inizio di secolo che ne ha scompigliato la sostenibilità economica. Capire come “leggerli” davvero i giornali, su quali regole e meccanismi si basino le scelte e le decisioni di chi li fa, è prezioso per comprendere quello che ci succede intorno e come viene raccontato. Come si finanziano i giornali? Chi sono le persone che li fanno? Che lingua parlano? Come si diventa “giornalisti”? Cosa sta succedendo ai più famosi quotidiani italiani e stranieri? Come si legge un’intervista? Come si misurano le copie vendute? Cosa dobbiamo pensare quando su un giornale vediamo un testo fra virgolette? E perché l’ira è l’emozione più usata nei titoli? Si può restare sulla superficie dei fatti raccontati, oppure diventare lettori più accorti e informati sull’affascinante e centrale mondo delle news e di chi le produce».
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Un ciclo di quattro lezioni con ospiti dal 5 febbraio 2024
Aperte le vendite dei biglietti da venerdì 22 dicembre 2023
Il Laboratorio di Etica di Vito Mancuso nasce dal bisogno, oggi più che mai attuale, di comprendere la realtà nella quale viviamo.
Dopo Le Virtù nel 2019, I Maestri Spirituali nel 2020,La Pandemia nel 2021 e Guerra e pace nel 2022, I miei principi morali nel 2023, Vito Mancuso torna a Bologna negli spazi dell’Auditorium della Fondazione MAST con un ciclo di quattro lezioni dedicate al Super-Io, l’istanza psichica che secondo il padre della psicoanalisi Sigmund Freud regola il comportamento e presiede alla coscienza morale. Come si applica questo concetto nella contemporaneità? A muovere l’essere umano sono ancora degli ipotetici ideali verso i quali ogni persona tende con il suo comportamento o oggi ci si basa solo sui propri interessi personali?
Super-ego, o Super-io, è un termine coniato da Freud per designare un’istanza superiore all’ego, una specie di giudice interiore che censura e non di rado reprime. Oggi ce ne stiamo sbarazzando, forse ce ne siamo già sbarazzati del tutto. Ma i risultati quali sono? La disfatta etica dei nostri giorni ci porta a chiederci se è possibile avere una vita e una condotta etica senza avvertire dentro di sé il richiamo di un’istanza superiore rispetto ai propri interessi.
Vito Mancuso
Esperti
Il sesto Laboratorio di Etica ne discuterà con tre grandi esperti: lo psicoanalista freudiano Stefano Bolognini, lo psicoanalista junghiano Luigi Zoja e il filosofo e psicoanalista Umberto Galimberti. L’appuntamento conclusivo a cura di Vito Mancuso sarà una sintesi e una restituzione di quanto emerso nei precedenti incontri.
Il laboratorio – organizzato da Mismaonda in collaborazione con Fondazione MAST – è in programma lunedì 5 febbraio, lunedì 12 febbraio, martedì 27 febbraio e lunedì 11 marzo e si rivolge a quanti sono interessati a capire come mantenere l’etica nell’azione e nel pensiero e ad approfondire l’approccio teologico e filosofico alla contemporaneità.
Ogni incontro si aprirà con un’introduzione filosofica di Vito Mancuso a cui seguirà la relazione dell’ospite della giornata; si concluderà con domande, sottolineature e una riflessione sui temi proposti, secondo il seguente programma:
Lunedì 5 Febbraio ore 18.30
Stefano Bolognini, psichiatra e psicoanalista, è presidente della Società Psicoanalitica Italiana e membro del comitato editoriale europeo dell’«International Journal of Psychoanalysis». Da anni svolge una intensa attività scientifica e istituzionale nell’ambito dell’International Psychoanalytic Association, con articoli, seminari e conferenze in Europa, America Latina e Nordamerica. Per Bollati Boringhieri ha pubblicato, come curatore, Il sogno cento anni dopo (2000) e, come autore, L’empatia psicoanalitica (2002) e Passaggi segreti. Teoria e tecnica della relazione interpsichica (2008), tradotti e pubblicati in varie lingue. La sua raccolta di racconti Come vento, come onda (1999) ha vinto il Premio Gradiva.
Lunedì 12 Febbraio ore 18.30
Luigi Zoja, psicoanalista di fama mondiale, ha studiato al Carl Gustav Jung Institute di Zurigo. Pratica la professione a New York, dove scrive e insegna psicanalisi. È presidente dell’International Association for Analytical Psychology (IAAP) ed è stato presidente dell’Associazione Internazionale di Psicologia Analitica. Ha vinto due Gradiva Award.
Tra i suoi ultimi libri: Il gesto di Ettore. Preistoria, storia, attualità e scomparsa del padre (2000), Storia dell’arroganza (2003), Giustizia e Bellezza (2007), La morte del prossimo (Einaudi, 2009), Paranoia, la follia che fa storia (Bollati Boringhieri 2011), In difesa della psicoanalisi (Einaudi 2013, con S. Argentieri, S. Bolognini e A. Di Ciaccia).
Zoja e Mancuso
Martedì 27 Febbraio ore 18.30
Umberto Galimberti, filosofo, psicoanalista e docente universitario italiano. Compiuti gli studi di filosofia e psicologia, è attualmente professore ordinario di filosofia della storia presso l’Università di Venezia. Professore associato fino al 1999, precedentemente (dal 1976 al 1983) è stato professore incaricato di antropologia culturale. Dal 1985 è membro ordinario dell’International Association of Analytical Psychology.
Allievo di Karl Jaspers durante alcuni soggiorni in Germania, ne ha tradotto in italiano le opere. Ha dedicato anche alcuni studi a Edmund Husserl e a Martin Heidegger. Dal 1995 collabora con il quotidiano «la Repubblica».
Tra le sue opere si ricordano: Heidegger, Jaspers e Il tramonto dell’Occidente (1975), Psichiatria e fenomenologia (1977), Il corpo (1983), Dizionario di psicologia (1992), Psiche e tecne. L’uomo nell’età della tecnica (1998), Gli equivoci dell’anima (1999), Orme del sacro (2000), L’ospite inquietante (2007), Il segreto della domanda. Intorno alle cose umane e divine (2008), La morte dell’agire e il primato del fare nell’età della tecnica (2009), I miti del nostro tempo (2009), Cristianesimo (2012), La disposizione dell’amicizia e la possessione dell’amore (2016), La parola ai giovani. Dialogo con la generazione del nichilismo attivo (2018), Che tempesta! (2021 con Anna Vivarelli), Il libro delle emozioni (2021), Le parole di Gesù (2023) e L’etica del viandante (2023).
Galimberti – Mancuso
Lunedì 11 marzo ore 18.30
Vito Mancuso, teologo laico e filosofo, ha conseguito i tre titoli della formazione teologica ottenendo il baccellierato a Milano, la licenza a Napoli e il dottorato a Roma con una tesi su Hegel.
È stato docente di Teologia moderna e contemporanea presso l’Università San Raffaele di Milano e di Storia delle dottrine teologiche presso l’Università degli Studi di Padova. Attualmente è docente presso il master di Meditazione e Neuroscienze dell’Università di Udine.
Ha fondato e dirige a Bologna il “Laboratorio di Etica”. È autore di numerosi saggi che hanno suscitato notevole attenzione da parte del pubblico su argomenti quali la filosofia di Hegel, le malattie e il dolore, la natura di Dio, l’anima, l’amore, il pensiero, la libertà, la bellezza, le virtù cardinali, il coraggio, la paura, il senso della vita. In un saggio recente ha presentato in sinossi le figure di Socrate, Buddha, Confucio e Gesù. In Germania è uscita una monografia su di lui (Essentials of Catholic Radicalism. An Introduction to the Lay Theology of Vito Mancuso, Frankfurt am Main 2011). Il suo pensiero si può complessivamente definire come “filosofia della relazione”.
Ospite di diversi programmi radiofonici e televisivi, ha collaborato con Repubblica, Corriere della Sera, Il Foglio. Dal 2022 è editorialista per La Stampa.
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Dialoghi di Pandora Rivista – Festival 2023 “Quale sviluppo? Scegliere l’orizzonte”
Torna a Bologna per il sesto anno, dal 2 al 15 ottobre 2023, il Festival Dialoghi di Pandora Rivista
Guerre e tensioni internazionali, cambiamento climatico, crisi energetica, trasformazioni del mondo del lavoro, ridefinizione della globalizzazione, effetti dirompenti delle nuove tecnologie: i paradigmi di sviluppo del passato non reggono più alla prova del passaggio epocale che abbiamo di fronte. L’idea stessa di sviluppo è quindi da considerare superata? Oppure può essere ridefinita? Cosa significa sviluppo sostenibile? Esiste un modello alternativo che possa andare oltre le contraddizioni che sono esplose negli ultimi decenni?
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Simone Weil, operaia e mistica disposta a morire per le sue idee
Autentica fino all’osso e sempre controcorrente, Simone Weil è stata un’intellettuale radicale. Che odiava i compromessi e non sopportava le sbavature, al punto da essere sarcasticamente soprannominata un «imperativo categorico in gonnella». Sebbene nessuna filosofa sia stata più distante di lei dall’astratto rigorismo kantiano. E ogni suo pensiero e scritto siano il frutto dell’esperienza vissuta accanto agli oppressi e ai diseredati, ai più piccoli e ai reietti.
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Non Luoghi espressione coniata nel lontano 1992, a quel tempo ebbi il privilegio di partecipare proprio ad una conferenza in merito, nell’ambito della Facoltà di Architettura, esame Antropologia Culturale. Firenze
Letto nei decenni vari testi e visionate video conferenze relative a Sociologia, Antropologia e Geografia Urbana…
Festival di Filosofia
Se c’è una cosa che ha caratterizzato Marc Augé, antropologo e filosofo scomparso ieri all’età di 87 anni, è la laicità. Il suo Genio del paganesimo (1982) è la risposta, a 180 anni di distanza, al Génie du Christianisme (1802) di Chateaubriand, per culminare nella dissacrazione ironica e irriverente de Le tre parole che cambiarono il mondo (2016), divertissement di genere fantapolitico, dove un insolito Papa Francesco si affaccia su Piazza San Pietro per annunciare che “Dio non esiste”.
«L’uomo è un animale simbiotico – scrive – e ha bisogno di relazioni inscritte nello spazio e nel tempo, ha bisogno di “luoghi” in cui la sua identità individuale si costruisca col contatto e grazie al riconoscimento degli altri». I non-luoghi sono allora quegli spazi realizzati artificialmente per esigenze di scambio, dove l’individuo è un’unità priva di identità personale.
Sono gli aeroporti, le stazioni ferroviarie, i grandi centri commerciali, in cui confluiscono e transitano ogni giorno milioni di persone, senza che questo enorme afflusso riesca a costruire relazioni significative. Qui l’individuo è solo, utilizza codici impersonali e segue regole di comportamento generali. I non-luoghi sono il prodotto della modernità avanzata o, meglio, nella definizione di Augé, della “surmodernità”: l’evoluzione della società per effetto della globalizzazione e del superamento della postmodernità.
I non-luoghi sono il prodotto del consumismo, non solo dei beni materiali o deperibili, ma soprattutto della comunicazione: «La comunicazione è il bene di consumo per eccellenza e, paradossalmente, non smette di individualizzarsi». Il bisogno di relazioni, in cui costruire “luoghi” per confermare la propria identità e uscire da una solitudine devastante, spinge a ricercare brandelli di comunità negli stessi non-luoghi – come quei gruppi di giovani che si ritrovano nei supermercati o attorno alle stazioni – ma soprattutto nella rete, nei social, affascinanti non-luoghi di dipendenza ossessiva e compulsiva, dove si consuma il desiderio insoddisfatto di essere riconosciuti (e amati) dall’Altro.
Bibliografia Raffaello Cortina Editore, con cui ha pubblicato le opere Il tempo senza età (2014), Un etnologo al bistrot (2015), Le tre parole che cambiarono il mondo (2016), Momenti di felicità (2017), Chi è dunque l’altro? (2019) e Risuscitato! (2020). Da citare anche Il mestiere dell’antropologo (Bollati Boringhieri, 2007), Il bello della bicicletta (Bollati Boringhieri, 2008), Un etnologo nel metrò (Elèuthera, 2019), L’antropologia del mondo contemporaneo (Elèuthera, 2019).
Usiamo una sola parola, “bellezza”, e la associamo a cose diversissime: un’opera d’arte, il viso di una persona, un brano musicale. Che cosa unisce tutte queste cose differenti? È importante fare una distinzione fra la bellezza biologica – quella propria dei corpi umani e non, ma anche un panorama o qualsiasi altra cosa naturale – e la bellezza dei manufatti, come un’opera d’arte o anche un edificio. La prima ha basi universali condivise: il viso di una persona considerata bella in Giappone risulta bello anche in Italia o in Inghilterra. Invece il secondo tipo di bellezza subisce influssi culturali molto forti: per esempio una chiesa in Italia potrebbe essere considerata più bella, da un italiano o da un europeo, di un tempio in Giappone. L’uso di una sola parola per tutto è un relitto del passato, quando ancora la bellezza non era stata studiata a sufficienza. Pensiamo ai greci antichi che avevano un’unica parola, kalòn, per la bellezza morale e per quella fisica: anche quello non funziona.
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«Molte cose stanno cambiando nel giornalismo, nei giornali, e anche nei lettori: è un periodo intenso e critico per l’informazione italiana e mondiale, presa in mezzo tra un ruolo che non è mai stato così prezioso per il funzionamento e la crescita delle democrazie e un inizio di secolo che ne ha scompigliato la sostenibilità economica. Capire come “leggerli” davvero i giornali, su quali regole e meccanismi si basino le scelte e le decisioni di chi li fa, è prezioso per comprendere quello che ci succede intorno e come viene raccontato. Come si finanziano i giornali? Chi sono le persone che li fanno? Che lingua parlano? Come si diventa “giornalisti”? Cosa sta succedendo ai più famosi quotidiani italiani e stranieri? Come si legge un’intervista? Come si misurano le copie vendute? Cosa dobbiamo pensare quando su un giornale vediamo un testo fra virgolette? E perché l’ira è l’emozione più usata nei titoli? Si può restare sulla superficie dei fatti raccontati, oppure diventare lettori più accorti e informati sull’affascinante e centrale mondo delle news e di chi le produce».
Caro Paolo, la Mimì ci ha lasciato ora, sulla poltrona del mio studio, dopo una nottata faticosa, di respiri affannosi, sussulti immobili , nella sua preferita stanza, sulla mia poltrona, in quiete, tra i libri e i nostri pensieri. In questa notte trascorsa le ho parlato tantissimo, abbiamo ripercorso gli anni…24 anni insieme. E pensavo all’Albero di Antonia. Ieri l’avevo portata fuori in giardino, per poche ore, il giorno della candelora, con una candela accesa. E avevo fatto il bucato e messo lo stendino accanto a lei. Le piaceva mettersi nella scia del profumo dei panni al vento, sotto la magnolia. Ora andrà a fare senz’altro un saluto a Miciù e prenderanno il sole sdraiate a ridosso di folte chiome e profumati arbusti. Assieme a tutti gli altri cari nostri gatti salutati e adorati nel tempo. E ci ricorderanno, tra le fusa e guarderanno gli altri gatti vivere e giocare con noi… e noi nella memoria, continueremo ad amarle ringraziandole per il loro dono.
Messaggio al caro Paolo…
Mimì, Baffo e NeroMimì 2 Febbraio 2024
E nell’attimo in cui tutto finisce, niente finisce…
Le #aspettative di #vita nel mondo. Dedicato a chi pensa di essere “immortale”, a chi continua a viversi e ad avere aspettative che nulla hanno a che fare con il bioritmo. Conosci tè stesso. Dai 0 ai 24 (anche oltre) si utilizza il tempo per strutturare il sé, per il sapere e l’esperienza fondante a tempo pieno, poi si mette in atto attraverso il lavoro la visione esperienziale di quanto appreso e si continua con il metodo socratico; nella logica del divenire gli altrettanti ultimi 24 anni, dovrebbero passare a praticare la libertà di scelta, non la logica patetica della competizione ipertrofica tra vecchi.
“73,3 anni I dati confrontano tutta la popolazione, di entrambi i sessi. Sono incluse anche le entità non nazionali. La lista delle Nazioni Unite considera solo le nazioni con almeno 100 000 abitanti. A livello planetario il valore medio è di 73,3 anni (70,8 anni per i maschi e 75,9 anni per le femmine).”